Ecco di seguito
l’intervista fatta da Giuseppe Agnoletti, vincitore della sezione fotografica,
a Yuri Abietti, vincitore della sezione letteraria del concorso Nel buio.
Giuseppe Agnoletti:
Spesso si dice che scrivendo racconti non si va da nessuna parte. Tuttavia hai
pubblicato una raccolta e stai lavorando a un romanzo science-fantasy; quale il tuo impatto con una vicenda più completa,
lunga e articolata?
L'ultimo incantesimo, di Yuri Abietti, Dbooks.it 2010 |
G.A.: Quali sono, o
sono stati (se ci sono stati), i tuoi punti di riferimento come scrittori?
Y.A.: Come ho scritto
nell'introduzione de L'ultimo incantesimo, la raccolta di racconti pubblicata
gratuitamente da dbooks.it a cui facevi riferimento nella domanda precedente,
ci sono stati molti scrittori che mi hanno affascinato e ispirato. J. R. R.
Tolkien e Stephen King sono sicuramente tra i miei autori preferiti, ma potrei
citare anche Fritz Leiber, Michael Moorcock, H. P. Lovecraft, Stefano Benni,
Umberto Eco, Terry Brooks, C. A. Smith, Richard Adams, Michael Ende e molti
altri ancora... E, perché no? Anche autori di altre forme di narrazione
scritta, come Alfredo Castelli e il mai abbastanza compianto Sergio Bonelli,
con i loro incredibili personaggi di carta e inchiostro.
G.A.: Il tuo bel
racconto - Il grande buio - di genere
fantastico, inquietante, ma indubbiamente efficace. Hai un genere privilegiato
nel quale ti rispecchi di più, sia come lettore che come scrittore?
Y.A.: Innanzitutto grazie per il
“bel racconto”! Questa è una domanda alla quale, apparentemente, dovrebbe
essere semplice rispondere, eppure non è così. Sicuramente, come credo sia per
molte persone, i generi che preferisco leggere (fantasy, fantascienza, horror)
sono anche i generi che mi ispirano maggiormente a scrivere. Tuttavia, mi sono
trovato spesso spinto alla stesura di un racconto non tanto per una scelta “di
genere” ma, magari, per motivi personali, come la necessità di mettere nero su
bianco una situazione e provare una “soluzione alternativa”, cercando di
comprenderla meglio attraverso il percorso della scrittura. Diciamo, comunque,
che l'horror e il fantasy sono sicuramente due generi con i quali mi diverto
molto.
G.A.: Domanda difficile: cosa ti aspetti realmente dalla scrittura?
Y.A.: Successo, fama e un sacco di soldi! A dirti la verità, è davvero una domanda difficile, al punto che non credo di essermela mai posta esplicitamente, in questi termini, prima d'ora. Non so di preciso cosa aspettarmi dall'atto creativo in sé e dalla scrittura in particolar modo, se non la capacità di auto-espressione fine a sé stessa. Forse, mi aspetto che la scrittura, in qualche modo, mi permetta di mostrare parti di me, pensieri o fantasie, che altrimenti non troverebbero facilmente uno sfogo. Per lo stesso motivo, amo cantare e scrivere canzoni. Sebbene con media diversi e in forme diverse, la motivazione alla base è sempre quella: creare un collegamento tra te stesso e il mondo.
G.A.: L’ultima è forse una domanda di basso profilo. Quasi
tutti gli scrittori mettono in cantiere atteggiamenti più o meno scaramantici.
Chi scrive solo di notte, chi di giorno, chi solo fumando un pacchetto di
sigarette. Tu a quali riti ricorri?
Y.A.:
Per arrivare a sviluppare degli atteggiamenti scaramantici o, addirittura,
dei veri e propri riti (come l’autore protagonista di Misery, che fuma
una sigaretta e beve un bicchiere di champagne ogni volta che finisce un
romanzo) dovrei essere uno scrittore molto più prolifico e costante di quanto
non sia. Per ora, tutto ciò che posso dire è che amo scrivere dopo il tramonto
a causa della mia natura nottambula e che, sfortunatamente, quando sono al
computer fumo un bel po'... Per fortuna, almeno non bevo champagne!
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