martedì 25 ottobre 2011

Altrisogni 4: Nel buio – Yuri Abietti intervista Giuseppe Agnoletti

Ecco di seguito l’intervista fatta da Yuri Abietti, vincitore della sezione letteraria, a Giuseppe Agnoletti, vincitore della sezione fotografica del concorso Nel buio.




La foto vincitrice, su Altrisogni n.4 e D&N n.11
Yuri Abietti: La foto che ha vinto il concorso è decisamente inquietante e al tempo stesso affascinante. Ci racconti qualcosa di più riguardo alla casa che, dici, era tanto che volevi fotografare? Come mai ti ha colpito così tanto? Dove si trova?

Giuseppe Agnoletti: Era una vecchia casa fatiscente, dico era perché adesso è stata buttata già e ricostruita in maniera simile, ma non uguale a prima. Una di quelle antiche dimore che ti aspetti di trovare nei racconti gotici. Si trova a Forlì, ai limiti della città, ai margini della via Emilia verso Bologna. Io sono decisamente attratto dalle case vecchie, esercitano su di me un fascino incredibile. Credo sia colpa della mia venere in cancro e in quarta casa, che ne potenzia il significato. Chissà?
Sì, era tanto che volevo fotografarla. E quando mi sono deciso, lì davanti ho trovato il gatto! Fantastico, come se ci fossimo dati un appuntamento. Il resto è venuto da sé. Una serie di scatti e poi il lavoro di fotoritocco.
La casa in rovina, il gatto: ecco un efficace omaggio a E.A.Poe, La rovina della casa degli Usher e Il gatto nero.



Y.A.: Quali mezzi utilizzi per praticare la tua passione per la fotografia? Quali macchine prediligi (digitali o meno) e quali software/sistemi operativi?

G.A.: Una volta avevo due corpi Nikon reflex e relativi obiettivi. Sviluppavo il bianco e nero in casa e leggevo quattro o cinque riviste di fotografia al mese. In seguito, a causa dei risultati che non mi soddisfacevano, ho lasciato perdere tutto.
Poi, col tempo, è venuto fuori il mondo del digitale e io sono tornato ad appassionarmi. Il motivo è che anche con attrezzature minime e un po’ di creatività si possono ottenere discreti risultati, a costo zero e con estrema velocità. Voglio una foto virata seppia? Un tempo avrei dovuto prepararmi un bagno apposito nel quale immergere l’immagine. Oggi è sufficiente un rapido clic. Inoltre posso avere un controllo assoluto su toni, dettaglio, contrasto e quant’altro si voglia dell’immagine.
La mia attrezzatura è minimale. Una nikon L18 da appena 8 mega, una Olympus, presa da pochi mesi, da 14 mega e dotata di un buon obiettivo zoom 24-300 mm. Sono ambedue macchine digitali compatte. Mi manca la qualità delle reflex o delle mirrorless, ma spero in futuro di potermi attrezzare.
Per il fotoritocco uso Paint Shop Pro, software meno potente di Photoshop ma che conosco abbastanza bene: so cosa ricavarne e come farlo.

 
Y.A.: Dove possiamo vedere online altri tuoi lavori fotografici o leggere altri tuoi racconti?

G.A.: Non ho un sito mio. Ci ho pensato, ma dovrei dedicargli tempo e poi sono abbastanza introverso. Dovrei spendermi un po’ di più allo scopo di promuovermi, ma sono anche pigro; sempre venere in cancro?
Fotografie ce ne sono poche in giro. Qualcosa si può vedere su Scheletri.com e sul Forum di Nero Cafè. Per i racconti la situazione è diversa. Se si spara su un motore di ricerca il mio nome e cognome si riescono a vedere diverse cose. Altri racconti sono presenti su ebook e su antologie cartacee. All’inizio dell’anno ho vinto (a pari merito) il concorso Short Kipple, dal quale dovrebbero essere stati realizzati due ebook, uno coi due racconti vincitori e uno con i dieci finalisti, nei quali ho piazzato tre racconti.

Y.A.: Il tuo racconto è di forte impatto e molto commovente. Le descrizioni sembrano decisamente personali. Al di là, ovviamente, della conclusione (che non sveleremo in questa sede), c'è qualcosa di "autobiografico" nei luoghi e nei personaggi descritti?

G.A.: Ecco, vedi, torniamo alla casa, che anche in questo caso diviene luogo centrale della mia creazione. Una vecchia casa, ovviamente.
Il tocco autobiografico è questo, non altri. La casa come luogo di raccolta di emozioni, di personaggi, di memorie.
Sì, il racconto è commovente. Ho scritto alcuni racconti che quando li leggo a voce alta cercando di immedesimarmi mi fanno un certo effetto, a me che li ho scritti e che li so quasi a memoria. Questo è uno di quelli.
Cerco spesso di tenere a mente il consiglio di Stephen King nel suo On Writing: quando il lettore è avanti nella lettura e si è assestato nella storia, ecco, allora cerco di dargli un bel colpo e di strizzolargli il cuore. Naturalmente le parole non sono queste, ma il senso sì.

Y.A.: Cosa significa per te scattare fotografie o, se è per questo, scrivere? Quali differenze e quali analogie percepisci, a livello personale e artistico, tra questi due "media" narrativi?

G.A.: Sono per natura un “creativo”, per me è fondamentale esprimermi. Così scrivo, fotografo, suono la chitarra e un tempo mi interessavo anche di astrologia. Diciamo che la scrittura la pratico con maggior intensità e applicazione, pigrizia permettendo.
Si tratta di due linguaggi diversi, certo, ognuno con le proprie caratteristiche e peculiarità. Nelle foto si propone una visione della realtà. In un racconto, attraverso un codice (la scrittura) si permette al cervello del lettore di creare dentro di sé immagini, suoni, odori, emozioni, sentimenti e tutta una serie di cose che chi scrive prepara ad arte.
Direi che scrivere è forse una cosa più completa, senza per questo nulla togliere al fascino e all’impatto emotivo che certe immagini riescono a dare.


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