martedì 24 settembre 2013

10 domande a Danilo Arona e Edoardo Rosati - "Protocollo Stonehenge" (Mezzotints)

Dopo la pausa estiva riprendiamo a fare quattro chiacchiere con gli autori italiani di opere di narrativa horror, fantascientifica e weird pubblicate recentemente o in uscita, al fine di conoscerli meglio e di saperne di più sui loro processi creativi e sul mondo dell’editoria. Oggi siamo lieti di poter ospitare Danilo Arona e Edoardo Rosati, autori del romanzo Protocollo Stonehenge, edito in formato elettronico da Mezzotints Ebook.
Danilo Arona è uno dei nomi più noti e attivi dell’horror italico. Classe 1950, giornalista, scrittore e musicista, ha pubblicato articoli su  testate quali Focus, Robot, Aliens, Cinema&Cinema, Horrormania, Duel e Pulp, oltre ad analisi critiche sul cinema fantastico e saggi sul lato oscuro della realtà. Da anni si dedica alla narrativa, elaborando un personale concetto di fantastico italiano legato alle paure della nazione e ai miti territoriali. Altri suoi romanzi recenti sono: L'autunno di Montebuio (con Micol Des Gouges, per Nero Cafè), Vento bastardo (Iris4) e Io sono le voci (Edizioni Anordest). Con i suoi racconti ha partecipato a numerosissime antologie fantahorror, tra le quali segnaliamo Nel buio (curata da Altrisogni per dbooks.it). Ulteriori informazioni su Danilo sono disponibili sul suo sito web www.daniloarona.com.
Edoardo Rosati, classe 1959, è laureato in medicina ed è giornalista specializzato nella divulgazione medico-scientifica. Ha scritto diversi saggi per Rizzoli, Sonzogno, Sperling & Kupfer e dal 2003 è responsabile delle pagine dedicate alla salute e alla medicina del settimanale Oggi. Tra le opere di narrativa medical thriller: oltre ai racconti Paziente Zero, per l'antologia Anime Nere (Oscar Mondadori), e Cuori allo specchio, per il volume Le tre bocche del drago (Larcher Editore), ha scritto i romanzi La croce sulle labbra (Segretissimo Mondadori), con Danilo Arona, e L'ultima vertigine (Giallo Mondadori), che ha vinto il Premio Letterario Serono. Nel 1995 ha fondato il marchio PuntoZero, casa editrice specializzata nella saggistica dedicata al fumetto e al cinema fantastico.

Immergiamoci adesso in questa ricchissima e rutilante "intervista doppia”, curata per noi da Tanja Sartori.



#01
Altrisogni: È da poco uscito Protocollo Stonehenge, vostro romanzo scritto a quattro mani ed edito in ebook da Mezzotints. Cosa si nasconde dietro questo titolo? Come è nata la storia? 

Danilo Arona: Il titolo fa riferimento a un particolarissimo protocollo medico, ideato da un personaggio del libro, il professor Ludovico Fornari Assante, che pratica la medicina ectenica, una sorta di lascito esoterico/scientifico ereditato dagli antichi Druidi. Da qui l’importanza di Stonehenge e la centralità materica dei megaliti, fondamentale nella pratica della suddetta medicina... Basti pensare che Assante opera con un bisturi di pietra megalitica proveniente dalla piana di Salisbury. La storia è un’estensione, uno spin-off potremmo dire, del racconto di Edoardo Melissa Syndrome, pubblicato nell’antologia Bad Prisma (Mondadori). In soldoni, è una variante del mito del fantasma dell’autostrada Melissa, cui ho dedicato più di un libro in passato. Da Cronache di Bassavilla a Blue Siren.

Edoardo Rosati: Dietro al titolo si nasconde un mix che pesca dall’immaginario di entrambi. Mio “fratello” Danilo ha messo in campo il personaggio mitico di Melissa, al centro di tanti suoi scritti e saggi. Io ho avuto l’opportunità di declinare questa leggenda urbana in chiave medica, trasformando un fantasma in una sorta di “malattia ultraterrena”, che annualmente si accanisce su una vittima (sempre una donna) riproducendo lo stesso complesso di fratture ossee... Da un simile scenario parte la detection, che viene condotta naturalmente da un team di medici assolutamente speciali... Del resto, ogni medico “è” per definizione un detective, visto che va a caccia di un colpevole (la causa di una malattia) a partire dagli indizi che gli elenca il paziente. 


#02
A.: Scrivere a quattro mani è tutt’altro che facile, richiede una grande sintonia tra gli autori. Come vi siete trovati a collaborare e come avete organizzato il lavoro? Chi faceva cosa? È stato difficile conciliare due stili diversi?

D.A.: Abbiamo già scritto a quattro mani (La croce sulle labbra e Aqua Mala). Sappiamo come fare e per fortuna esiste tra noi una grande sintonia esistenziale prima che artistica. Dopo avere creato il piano dell’opera, ci dividiamo i capitoli. Quindi facciamo riunioni periodiche in cui si assemblano i materiali e si tenta di uniformare gli stili al meglio possibile. Non esistono ricette prestabilite, soprattutto per due amici che, quando si trovano, fanno tutt’altro che lavorare... Però, certo, il livellamento dello stile è lo scoglio più rognoso. Edo scrive come un ragazzino e io come un vecchio troppo navigato. Allora io svecchio lo stile e lui lo invecchia. Sembra facile.

E.R.: È un divertimento ogni volta! E una splendida palestra letteraria, che ti porta a metabolizzare inediti punti di vista e a mettere in campo idee a getto continuo! Tutto ciò grazie al fatto che siamo amici fraterni che lavorano sulle medesime... “fantafrequenze”... Quasi naturale, quindi, ritrovarsi a costruire plot assieme. Ci sono le difficoltà legate alla gestione dello stile, certo (che deve risultare “univoco”), e sicuramente questo è il fronte più delicato. Alla base, comunque, c’è la stesura di una rigidissima story-line, che coinvolge anche la caratterizzazione dei personaggi... Non si parte se non si ha sotto mano questa “road map”. Dopodiché, si provvede alla distribuzione dei... pani e dei pesci (capitoli e character), che poi ci scambiamo per una revisione incrociata. L’autodisciplina, per questi progetti a quattro mani, è cruciale! 


#03
A.: Cos’è Protocollo Stonehenge? Un horror, un thriller, una storia di fantascienza, o tutte queste cose insieme? Avevate un obiettivo specifico in mente quando avete iniziato la stesura?

D.A.: Sono anni che ho smesso di “definire” la mia opera. Confesso di avere alzato bandiera bianca di fronte alla questione, che a me pare una scemenza assoluta, anche se mi rendo conto di far parte di una minoranza. Essendo vecchio di anagrafe e di militanza, mi piace citare a mo’ di esempio la serie TV di Rod Serling, Ai confini della realtà... Di che genere era? Appunto. Storie ai confini della realtà. Tutti quei generi assieme. Personalmente non avevo nulla di specifico in mente all’inizio della stesura. Ma non ce l’ho mai. È ovvio che amiamo sbilanciarci sull’horror. Ma un horror quotidiano, alla Matheson. E ambientato in Italia.

E.R.: Sì, è un plot trasversale: archeomisteri, sovrannaturale, medicina, detection... Ogni volta che mi accingo a sfornare un racconto o un romanzo, il primo obiettivo che cerco di pormi è calamitare l’attenzione di chi legge con un’idea forte, e – possibilmente – non sondata. Soprattutto, mi piace incastonarla in un contesto reale, credibile. Melissa, nel nostro Protocollo Stonehenge, non entra mai realmente in scena... Lascia tracce, ferisce i sogni, semina ricordi... Ma mai è un’apparizione “mostruosa”, nel senso più cinematografico del termine. Ho una visone mathesoniana del fantastico, tanto per capirsi! 


#04
A.: Una domanda per Danilo Arona: il tuo nome è sussurrato con ammirazione e rispetto nell’ambiente horror italiano, hai una grande esperienza nel settore. Cosa consiglieresti a un autore che vuole scrivere horror oggi, in Italia? Ci sono delle tendenze o dei temi caldi, oppure, al contrario, territori che non sono ancora stati esplorati abbastanza?

D.A.: Al di là dell’età pensionabile, bisognerebbe passare dai sussurri alle grida. Non mi capacito del fatto che qualcuno possa chiedere dei consigli a me. Quindi evito di darli. Perché il mio percorso non è affatto lineare né da prendersi come esempio. Io poi sono uno spirito libero, il cui motto non urlato dovrebbe suonare: «Scrivo quando voglio e per chi voglio», ma trattasi di autentica corbelleria perché in verità scrivo per chi me lo chiede. Comunque l’horror paga sempre un dazio troppo alto alle esigenze editoriali e i grandi scrittori italiani del genere (e le scrittrici, che vanno sempre citate...) spesso devono mascherarsi da autori thriller. Non va bene, ma bisogna farsene una ragione. Purtroppo la situazione generale, complice anche la crisi, è peggiorata rispetto a qualche anno fa. Gargoyle Books ha modificato di molto la propria politica, i XII non esistono più e le librerie sono invase da cloni paranormal e young adult a decine, che tolgono spazio all’autentico horror, spacciandosi per quello. Temi caldi ce ne sarebbero, soprattutto in Italia. E un bel campionario lo potete trovare proprio in Protocollo Stonehenge. Temi nostrani, italianissimi. Abbiamo un folclore e una cronaca desueta di straordinaria efficacia. Bisogna andare a scavare lì. 


#05
A.: Una domanda per Edoardo Rosati: sei laureato in medicina e specializzato in medical thriller, quindi hai dimestichezza con le procedure mediche e i dettagli riguardanti ferite e traumi che spesso sono parte integrante delle storie horror o thriller. Avresti qualche consiglio per gli aspiranti scrittori, su come descrivere queste scene e su come orientarsi in fase di documentazione? Magari qualche lettura per i non addetti ai lavori?

E.R.: Io ho una personalità, diciamo così, un po’ “splittata”. Ho dedicato la laurea al giornalismo medico-scientifico (che è la mia professione) e poi scrivo medical thriller... Succede così che nell’arco della giornata lavorativa in redazione (per inciso, curo le pagine di Medicina e Salute per il settimanale OGGI) io mi ritrovi ad aver a che fare con mille input e news che provengono dal mondo della ricerca medico-scientifica... Ora, con l’occhio di chi ordisce “medical plot”, questi materiali potrebbero diventare anche formidabili spunti... A volte, cioè, mi capita d’intravedere, in questi comunicati, dei sottotesti su cui costruire qualche narrazione intrigante. Tutto ciò per dire che, al di là della precisione nel descrivere una certa scena (pur essendo medico, io comunque continuo per passione a fagocitare e consultare i più vari tomi universitari di medicina e chirurgia!), trovo utile e stimolante drizzare le orecchie sempre e comunque. Si pensi alle notizie, ormai quotidiane, relative alle nuove patologie, dal morbo di Morgellons alla Mers... Le dritte narrative più “stornanti”, come direbbe mio fratello Dan, provengono dalla semplice lettura della cronaca...


#06
A.: Il personaggio di Melissa terrorizza, è inquietante perché si rifà a certe leggende metropolitane. La morte violenta. L’incubo. Chi è Melissa? Perché proprio lei? Perché le urban legends fanno sempre scorrere un brivido gelato lungo la schiena? 

E.R.: Melissa è una splendida urban legend, scaturita in realtà sul web. Ma che poi si è accasata, come un virus, nel cuore di Danilo, il quale l’ha declinata alla sua maniera e replicata all’infinito, in un eterno contagio. A me piace sempre dire che Melissa è una “dissonanza” mutaforma: fantasma, maledizione, malattia, microbo patogeno, paranoia... Una creatura capace d’incarnarsi in mille forme nelle pieghe del reale. Sì: Melissa ci travolge proprio per la sua strepitosa modernità.

D.A.: Melissa fa paura perché è altamente verosimile. E ancora oggi non ci è facile capire se appartiene a una cronaca marginale o al reame della fantasia. È (era) una giovane, forse dell’Est, travolta alle 5,20 del mattino il 29 dicembre del 1999 sulla A 13, a pochi chilometri dell’uscita per Padova. Un fantasma sin da subito, perché la “visione” della sua morte è stata proiettata a raggiera su altri quattro punti del reticolato autostradale. Ne ho letto in rete e, sempre citando la fonte, ho cominciato a scriverne. Ormai è divenuta quasi un serial. Una urban legend perfetta, perché a questo tipo di leggenda la gente ci crede. E più la smentisci, più si rafforza. 

#07
A.: Nel testo sono presenti citazioni e richiami a molti classici della narrativa e del cinema horror, dai fantasmi orientali a Final Destination. Quali sono i vostri horror preferiti e quelli che non dovrebbero mancare nella libreria o videoteca di un appassionato del genere?

E.R.: L’Esorcista. Immenso, perforante, modernissimo. Quel film ha fatto un patto di lunga vita col Diavolo: lo vedi oggi e non pensi che sia del 1973. Poi: La notte del demonio, di Jacques Tourneur; L’astronave atomica del dottor Quatermass, di Val Guest; La mosca, di David Cronenberg; L’ultima onda, di Peter Weir; The Ring, di Hideo Nakata (ma pure il remake di Gore Verbinski non scherza); Terrore nello spazio di Mario Bava; eh, la mia horror playlist è ancora lunga... La notte dei morti viventi, Shining, Psycho, il meraviglioso e inedito The Stone Tape, film per la tv di Peter Sasdy del 1972: un gioiello partorito da quell’inarrivabile sceneggiatore inglese che si chiama Nigel Kneale! 

D.A.: Sono onnivoro. Devo dire che, se non sono proprio delle ciofeche inguardabili, a me gli horror piacciono (quasi) tutti. Ci sono certi film brutti e malfatti che dentro hanno un’idea, uno spunto degno di miglior contenitore. Poi va da sé... Esistono i fondamentali. I film di Corman tratti da Poe, Psycho, Gli uccelli, The innocents, La notte dei morti viventi, L’Esorcista, molti di Carpenter, il primo Nightmare di Craven... Ma qui la smetto perché la memoria gioca brutti scherzi. Sugli scaffali di casa: Poe, Lovecraft, Matheson, Bradbury, Bloch, King... I pilastri. Ma credo di avere redatto un elenco sin troppo scolastico. Perché l’horror è andato avanti, per fortuna. Con punte d’eccellenza giapponesi, francesi e inglesi (Ramsey Campbell e Clive Barker). Ma, insomma, sono elenchi che possono allungarsi alla grandissima. E anche in letteratura sono onnivoro. Con la casa che si sta piegando da una parte come quella degli Usher. 


#08
A.: Sempre in tema di richiami cinematografici, una cosa che colpisce particolarmente in Protocollo Stonehenge sono le scene spettacolari in autostrada (non anticipiamo troppo per non rovinare la sorpresa a chi ancora non ha letto il libro), descritte in modo vivido e coinvolgente. Quindi vi domandiamo: cosa rende una scena emozionante? Come si mette “su carta” qualcosa che farebbe facilmente più effetto visto su uno schermo? 

E.R.: Mi verrebbe da dire che ci si mette al volante di quell’auto o nei panni di chi assiste all’incidente... Così, a poco a poco, ci si cala nella biochimica, nelle emozioni di quel momento... E cominci ad avvertire rumori, extrasistoli, odori, e cominci a vedere lamiere che crepitano, gente curiosa che si ammassa lì con te. Diventa un’esperienza. Virtuale. Ma comunque un’esperienza che impressiona i sensi.

D.A.: La devi sceneggiare proprio come se poi la dovesse girare un bravo regista. Un buon autore horror dev’essere un visionario filmico. Va “disegnata” con le parole. Non saprei che altra risposta dare.
 
#09
A.: Un altro dei temi ricorrenti in questa storia è quello dei bedroom intruders, i visitatori notturni: “la cosa nella camera da letto”, la Old Hag. Cosa si nasconde dietro questi miti? Chi ci spia nell’ombra mentre dormiamo? 

E.R.: È proprio l’assunto che ha trasformato in successo planetario l’idea basica di Oren Peli, il “papà” di Paranormal Activity. Qualcuno ha gli occhi aperti (e ci guarda) quando i nostri occhi sono chiusi (anche metaforicamente). A mio avviso, tutto ciò è la quintessenza primordiale che anima la figura mitologica del Babau, dell’Uomo Nero. Che poi è il cuore pulsante di tutto il cinema horror, vero Danilo? 

D.A.: Abbiamo tentato d’inserire questa sottotraccia molto interessante perché la “cosa nella camera da letto” è un mito del folclore senza tempo e senza confini. Lo stesso Freddy Krueger ne è un esempio calzante a livello cinematografico. Abbiamo adattato la Old Hag alle dinamiche notturne di Melissa, inventandoci il tormentone della maledizione annuale che all’anniversario della sua morte colpisce una vittima a caso nelle vicinanze geografiche a quel di San Pelagio, dove la poveretta trovò la morte. Credo che ci sia una coerenza antropologica e persino cronachistica perché nel mondo tante volte si sono verificate delle catene inspiegabili di decessi nel sonno. Quella che ispirò Craven per Freddy colpì la comunità Hmong negli Stati Uniti all’inizio degli anni Ottanta. Gli Hmong venivano dal Laos e avevano aiutato gli americani durante la guerra del Vietnam. Molti di loro emigrarono in America ma il governo USA non gestì affatto la cosa e li disperse a macchia di leopardo su tutto il territorio. Cominciarono a morire in tanti, di colpo, durante il sonno: età media trentatré anni e alla fine la conta dei decessi si fermò a 117. Molti dichiaravano di avere paura di una sorta di fantasma notturno laotiano, una femmina streghesca dal nome Tsog Tsuam. Per il caso in questione fu coniato l’acronimo SUNDS, ovvero Sudden Unexpected Nocturnal Death Syndrome. Come vedete, l’horror spesso sta in cronaca. 

Rosati e Arona presentano Protocollo Stonehenge,
a Milano, durante la serata organizzata da
Borderfiction.com
#10
A.: Per concludere, una domanda sull’editoria, nello specifico quella che tocca i generi trattati da Altrisogni: horror, weird, fantascienza. Com’è la situazione italiana su questo versante? A quali difficoltà vanno incontro gli autori che si muovono in queste nicchie?

D.A.: In parte ho sfiorato il tema in una precedente risposta, ma si può ulteriormente approfondire. Ribadisco, la situazione non è più quella che descrivevo due o tre anni fa. È peggiorata. Ci sono più difficoltà a “vendere” prodotti dichiaratamente horror. Gli editori devono, giustamente, fare profitto e tenere in piedi le attività. Sul mercato cartaceo non si è mai creato quello zoccolo quantitativamente duro di lettori da poter assicurare vita e longevità alla “scuola italiana”. Ed è strano perché a un certo punto, qualche anno fa, sembrava che ci fosse. Ma poi forse è mancato il ricambio generazionale. E c’entra di sicuro la crisi... Se devi fare dei tagli, ci rimettono i comparti più deboli. Non mi compero un horror made in Italy, però un 50 sfumature sì. Perché quello è indispensabile e lo leggono tutti (e tutte). E allora magari “una” soluzione, se non altro una valvola di sfogo, può giungere dal mercato degli ebook, dove le cifre di riferimento sono altre, molto più piccole ma in crescita. Giustappunto, Protocollo Stonehenge esce per Mezzotints. Poi, per carità, mi rendo conto che, da buon Gemelli un po’ schizzato, dico queste cose e anche ci credo. Però, se me lo chiedono, non mi nego ad esempio a curare una collana horror, cartacea, solo di testi italiani (Danze Macabre per CRAC Edizioni) che ha esordito con un testo straordinario, Madre nera di Nicola Lombardi, che già mi colpì al cuore con I ragni zingari (Ed XII). E allora? Niente. Bisogna lottare. Io però ho smesso. E quindi ribadisco quanto dissi un anno e mezzo fa in un’intervista a Horror Magazine, ovvero, rispondo solo alle “chiamate”. Se mi troverete in libreria, trattasi di “chiamata”. È uscito ad agosto un mio thriller che si chiama Io sono le voci. Appunto, una “chiamata”. Edizioni Anordest, collana Criminal Brain, inaugurata da Peter Straub. All’apparenza è realistico. Ma non fidatevi. Come ho detto prima, definire quel che scrivo io è una scemenza.

E.R.: Eh, qui si apre un capitolo ampio, intricato e dolente. Posso solo dire che mi preoccupano non poco la deriva “catodica” delle case editrici e questa loro ricerca ossessiva-compulsiva del best seller... Ovvero, sembra che nel mainstream editoriale l’interrogativo principe che guida ogni scelta sia ormai: «Ma quest’autore è un personaggio televisivo? Ci può assicurare copie con la sua presenza in TV?». È sconfortante... Viste queste premesse, i nostri “filoni” hanno vita difficile. Fortunatamente, piccole ma tante realtà editoriali, pur tra mille difficoltà economiche e distributive, contribuiscono a mantenere viva la fiamma. È dura. Ma sono convinto che la diffusione dell’ebook possa ridisegnare e rivitalizzare contenuti e dinamiche di queste nostre “nicchie”.


Ringraziamo Danilo Arona e Edoardo Rosati per aver risposto alle nostre dieci domande in modo così personale e approfondito, svelandoci i retroscena di questa nuova opera e dei loro rispettivi e pregevoli mondi creativi. Non resta che tuffarci nella lettura...


SCHEDA DELL'OPERA

Protollo Stonehenge (Mezzotints),
di Danilo Arona e Edoardo Rosati

  • Titolo: Protocollo Stonehenge
  • Autore: Danilo Arona & Edoardo Rosati
  • Editore: Mezzotints Ebook
  • Collana: Buio
  • Pagine: 165
  • Prezzo: 2,99 euro (ePub / Mobi)




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