Due racconti inviati, due racconti scelti... Ma cosa hanno di tanto speciale i testi di Simone? A volte, leggendo alcune opere horror si ha la sensazione che l’autore sia riuscito a centrare un mood o una situazione, individuandone il “cuore nero” e sfruttandolo come si deve. È lo stesso effetto che hanno fatto a noi le sue storie.
Simone Lega nasce nel 1978 a Siracusa. Ha pubblicato racconti nelle antologie I corti seconda stagione (Ediz. XII), L’ira e La Lussuria (Perrone), Mistero e Fratelli di razza (Il Mondo Digitale) e su varie riviste (Lettere Meridiane, In-Out, I Siracusani, Cronaca Vera, Knife, Altrisogni). Ha vinto i premi letterari USAM Showdown 2009 e INarratori 2010.
In ebook ha pubblicato i racconti La stanza delle grida (2012) e Le megere (2013), entrambi con Graphe.it, Perseguitata (Origami, 2013), Salvanima (Nero Press, 2014). Ha scritto testi per il Teatro Instabile di Siracusa ed è stato promotore di spettacoli-reading. Insomma, “tanta roba”, come si dice.
Mentre vi lasciamo all’intervista per farvelo conoscere meglio, vi invitiamo a leggere le sue cupe storie in Altrisogni n.6 (su dbooks.it a € 2,90) e in Altrisogni Vol.1 (su dbooks.it e su Amazon a € 2,99).
Altrisogni: Ciao Simone. Il tuo racconto L'eredità di Penelope parla, tra le altre cose, di bambole: alcuni degli oggetti "quotidiani" che più efficacemente riescono a suscitare inquietudine. Hai usato altri oggetti "normali" nei tuoi racconti? Cosa sceglieresti?
Simone Lega: È la prima volta che parlo di oggetti di questo tipo, e devo dire che le bambole non mi hanno mai fatto particolare impressione. Mi fanno più paura le foto, ho anche in mente un racconto molto macabro sul tema. Trovo interessante il cambiamento di prospettiva riguardo ciò che abbiamo sempre dato per scontato, un mazzo di chiavi, un oggetto amato nell'infanzia, un anello. Anche le cose più innocue ti si possono rivoltare contro, succede tutti i giorni e non è necessario un racconto dell'orrore per dimostrarlo. Prendiamo per esempio un anello. Magari ti sposi ed è l'oggetto che rappresenta il tuo amore, i tuoi voti, la tua gioia insomma. Poi un bel giorno tua moglie ti lascia per un altro e improvvisamente quello stesso anello diventa il simbolo della tua angoscia, del tuo dolore, arrivi a maledirlo, a star male quando lo vedi. Gli oggetti hanno un forte potere su di noi. Siamo noi stessi a darglielo, e poi ne rimaniamo succubi.
A.: Che tipo di autore sei? Quali generi prediligi e per quale motivo?
S.L.: Mi sono sempre piaciute le storie dell'orrore, e odio i lieto fine scontati. Più una storia è nera, più mi piace. In una storia dell'orrore puoi affrontare le tue paure, prima di tutte quella della morte. Mi immedesimo molto nei personaggi (di cui leggo, o scrivo) e voglio che gli capiti il peggio del peggio per potermi confrontare e chiedere 'come reagirei io? Sarei quello che fugge o quello che affronta? Quello che muore supplicando il suo aguzzino o quello che prende un respiro e si lancia nel vuoto?' Ovviamente si parla per metafore. I racconti dell'orrore, sono metafore delle cose tremende che possono accadere nella vita. Sono intrattenimento ma in fondo in fondo sono anche qualcosa di più.
Altrisogni Vol.1 contiene 7 opere di narrativa fantastica di Abietti, Bommarito, Dadich, Grazzini, Guarnieri, Lega e Cappi. |
S.L.: La colpevole è mia nipote. Quando era più piccola aveva una paura folle di una piccola befana dimenticata su uno scaffale della mia libreria. Ogni volta che veniva a trovarmi la vedevo lanciare occhiate impaurite verso lo scaffale, come se volesse tenerla d'occhio. Ho cominciato a scrivere questa storia pensando a una sorta di favola nera, ma mentre la scrivevo la rabbia ha preso il sopravvento. E forse inconsapevolmente la molla che mi ha spinto a scriverlo è stata proprio la rabbia. Rabbia (lo dico per chi non leggerà il racconto) ovviamente rivolta a tutte le violenze che le donne hanno subito, subiscono e subiranno solo perché donne. Cosa dovrebbe suscitare questo racconto in un potenziale lettore? Un senso di sano, liberatorio trionfo.
A.: Donne anziane, bambine, bambole: riteniamo che se il tuo racconto fosse stato declinato al maschile non avrebbe avuto la stessa potenza. Cosa ne pensi? Come mai?
S.L.: Suppongo per il modo in cui ho trattato il tema. Lungi da me dire che la donna sia un essere inerme e fragile, sappiamo benissimo che le donne sono tutt'altro, ma sappiamo altrettanto bene che troppe donne sono vittime della violenza fisica dell'uomo (anche psicologica, che può essere magari peggio ma almeno non ti fa sanguinare). Si viene a creare uno scenario carnefice vittima che è più comune associare alla figura uomo-donna, piuttosto che donna-uomo, specialmente in questi anni.
A.: Su Altrisogni n.6 abbiamo ospitato un altro tuo racconto molto particolare, La preghiera. Anche lì i rapporti familiari erano in qualche modo uno degli elementi fondanti della narrazione. È una scelta precisa, la tua, o scaturisce istintivamente in fase di scrittura?
S.L.: Il concetto di famiglia (altro tema molto dibattuto attualmente) intesa come luogo sicuro, anzi come unico luogo veramente sicuro, è meraviglioso. Un gruppo di individui legati insieme dall'amore e dal sangue. Ma ci vuole molto poco perché questo equilibrio si rompa. L'amore può essere troppo e diventare malattia, o troppo poco e generare rancore; interessi economici possono mettere fratello contro fratello o figlio contro padre, tradimenti possono spingere marito e moglie alla vendetta reciproca. Un pozzo senza fondo di materiale umano da cui attingere. La storia letteraria e cinematografica lo dimostra. Quindi direi che è una scelta precisa, la famiglia è decisamente lo scenario che preferisco per le mie storie.
Ringraziamo Simone Lega per averci svelato un po' di dietro le quinte del racconto L'eredità di Penelope, e per averci dato modo di riflettere insieme, nel nostro piccolo, su temi importanti. Ci auguriamo di averlo nuovamente ospite in futuro su un volume della nostra antologia Altrisogni!
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